Sinodalità a parole, perché Francesco fa tutto da solo

Stringi strin­gi, il sino­do che in otto­bre dovreb­be coro­na­re l’ambiziosa impre­sa fat­ta par­ti­re da papa Francesco nel 2021 fini­rà per discu­te­re sol­tan­to… di sino­da­li­tà. Un mese inte­ro di solo discor­so sul meto­do. Perché le “tema­ti­che di gran­de rile­van­za” che pure sono emer­se nel­la pre­ce­den­te ses­sio­ne sono sta­te tut­te avo­ca­te alla Santa Sede, in altre paro­le al papa, che dal can­to suo ha già mes­so in moto una deci­na di “grup­pi di stu­dio” che prov­ve­de­ran­no loro a rie­sa­mi­na­re da capo le “que­stio­ni dot­tri­na­li, pasto­ra­li ed eti­che con­tro­ver­se”, con­se­gnan­do i pri­mi risul­ta­ti nel giu­gno del 2025.

Ma c’è di più. Perché all’atto pra­ti­co Francesco fa tut­to da solo. Basti nota­re la coin­ci­den­za tem­po­ra­le che nel­lo stes­so gior­no, lo scor­so 18 dicem­bre, ha visto usci­re sia il docu­men­to che ha impo­sto il bava­glio alla pros­si­ma ses­sio­ne sino­da­le, sia la dichia­ra­zio­ne “Fiducia sup­pli­cans” che ha tron­ca­to con una soli­ta­ria deci­sio­ne dall’alto l’annosa dispu­ta pro o con­tro la bene­di­zio­ne del­le cop­pie omo­ses­sua­li, auto­riz­zan­do­la a dispet­to del­la vee­men­te oppo­si­zio­ne di inte­ri epi­sco­pa­ti con­ti­nen­ta­li e del­la cri­ti­ca fron­ta­le di tut­te le Chiese orto­dos­se e d’Oriente.

Le “que­stio­ni con­tro­ver­se” che il papa ha avo­ca­to a sé sono in buo­na misu­ra le stes­se su cui si è avvi­ta­to in que­sti anni il “cam­mi­no sino­da­le” del­la Chiesa cat­to­li­ca di Germania: pre­ti spo­sa­ti, nuo­va mora­le ses­sua­le, sacra ordi­na­zio­ne del­le don­ne. Francesco, da Roma, è fati­co­sa­men­te riu­sci­to a trat­te­ne­re il sino­do tede­sco dal pren­de­re deci­sio­ni a rischio di sci­sma. Ma nel­lo stes­so tem­po ha lascia­to che nell’intera Chiesa con­vi­va­no opi­nio­ni oppo­ste, che spes­so si tra­du­co­no anche in atti con­se­guen­ti. Salvo di tan­to in tan­to entra­re in cam­po lui, tron­can­do l’una o l’altra que­stio­ne con gesti e paro­le sbri­ga­ti­vi ma mai riso­lu­ti­vi, che incen­dia­no ancor più la dispu­ta inve­ce di pla­car­la.

Nelle scor­se set­ti­ma­ne sono sta­te tre le que­stio­ni su cui il papa è usci­to allo sco­per­to. Senza nul­la risol­ve­re, anzi, com­pli­can­do ancor più il qua­dro.

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La pri­ma que­stio­ne è una sor­ta di coda alla pole­mi­ca sul­la bene­di­zio­ne del­le cop­pie omo­ses­sua­li. In un’inter­vi­sta a Norah O’Donnell del­la rete ame­ri­ca­na CBS, Francesco ha det­to che “la bene­di­zio­ne è per tut­ti”, ma non del­le cop­pie ben­sì del­le sin­go­le per­so­ne, per­ché “quel­lo che ho per­mes­so non è sta­to di bene­di­re l’unione”.

C’è chi ha let­to in que­ste paro­le del papa una cor­re­zio­ne restrit­ti­va a “Fiducia sup­pli­cans”. Ma c’è anche chi vi ha visto un mero arti­fi­cio reto­ri­co. Che in ogni caso non cam­bia nul­la nel­la pra­ti­ca cor­ren­te di chi già bene­di­ce, assie­me, due omo­ses­sua­li che cele­bra­no la loro unio­ne, sicu­ro che da Roma nes­su­no lo richia­me­rà all’ordine ingiun­gen­do­gli di bene­dir­li sepa­ra­ta­men­te, uno dopo l’altro.

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La secon­da que­stio­ne è l’ammissione degli omo­ses­sua­li al sacer­do­zio.

Su que­sto pun­to pre­ci­so la Santa Sede ave­va pre­so posi­zio­ne nel 2005, con una istru­zio­ne del­la con­gre­ga­zio­ne per l’educazione cat­to­li­ca che impo­ne­va di non ammet­te­re nei semi­na­ri colo­ro che “pra­ti­ca­no l’omosessualità, pre­sen­ta­no ten­den­ze omo­ses­sua­li pro­fon­da­men­te radi­ca­te o sosten­go­no la cosid­det­ta cul­tu­ra gay”.

La sola ecce­zio­ne con­sen­ti­ta riguar­da­va le “ten­den­ze omo­ses­sua­li che fos­se­ro solo l’espressione di un pro­ble­ma tran­si­to­rio”, che comun­que dove­va­no “esse­re chia­ra­men­te supe­ra­te alme­no tre anni pri­ma dell’ordinazione”.

Di fat­to, però, negli anni suc­ces­si­vi si è dif­fu­sa in mol­ti luo­ghi la pras­si di esclu­de­re dagli ordi­ni sacri solo colo­ro che pra­ti­ca­no l’omosessualità o sosten­go­no l’ideologia ”gen­der”, e di ammet­te­re inve­ce chi pur aven­do un “orien­ta­men­to omo­ses­sua­le” non lo met­te in pra­ti­ca con per­so­ne del­lo stes­so ses­so e si impe­gna ad esse­re fede­le alla casti­tà del sacer­do­zio, alla pari dei can­di­da­ti ete­ro­ses­sua­li.

È una distin­zio­ne, que­sta tra orien­ta­men­to e pra­ti­ca omo­ses­sua­le, che è sta­ta soste­nu­ta e argo­men­ta­ta anche dal car­di­na­le Giuseppe Versaldi in un suo libro usci­to quest’anno, “Chiesa e iden­ti­tà di gene­re”, pre­sen­ta­to e con­di­vi­so “in toto” dal quo­ti­dia­no del­la con­fe­ren­za epi­sco­pa­le ita­lia­na “Avvenire” in un ser­vi­zio del­lo scor­so 21 apri­le.

Nel 2015 Versaldi era sta­to nomi­na­to da papa Francesco pre­fet­to del­la con­gre­ga­zio­ne per l’educazione cat­to­li­ca, cioè del dica­ste­ro vati­ca­no – oggi con­flui­to in quel­lo per la cul­tu­ra – che si è sem­pre occu­pa­to di tale que­stio­ne, e ave­va rico­per­to tale cari­ca fino al 2022.

Anche la con­fe­ren­za epi­sco­pa­le ita­lia­na ha in lavo­ra­zio­ne un docu­men­to, una “Ratio” sul­la for­ma­zio­ne nei semi­na­ri, che con­cor­da con le posi­zio­ni di Versaldi. E il vice­pre­si­den­te del­la CEI Francesco Savino, vesco­vo di Cassano all’Ionio, ha con­fer­ma­to più d’una vol­ta che al sacer­do­zio pos­so­no acce­de­re “sia omo che ete­ro”, pur­ché “capa­ci di vive­re bene le loro pro­mes­se rispet­to all’ob­be­dien­za, alla pover­tà e alla casti­tà”.

Ma papa Francesco? A quan­to pare la pen­sa diver­sa­men­te, stan­do a ciò che ha det­to il 20 mag­gio ai due­cen­to­ven­ti vesco­vi ita­lia­ni riu­ni­ti per la loro assem­blea annua­le:

“C’è un’a­ria di fro­ciag­gi­ne in giro che non fa bene. C’è una cul­tu­ra odier­na del­l’o­mo­ses­sua­li­tà rispet­to alla qua­le chi ha un orien­ta­men­to omo­ses­sua­le è meglio che non sia accol­to in semi­na­rio, per­ché è mol­to dif­fi­ci­le che un ragaz­zo che ha que­sta ten­den­za poi non cada”.

Queste paro­le del papa, det­te a por­te chiu­se ma tra­pe­la­te da più par­ti nei gior­ni suc­ces­si­vi, han­no col­pi­to sia per l’intransigenza nell’escludere sen­za ecce­zio­ni gli omo­ses­sua­li dai semi­na­ri, sia ancor più per l’epiteto vol­ga­re e sprez­zan­te con cui egli si è rife­ri­to alla cate­go­ria.

Sull’onda del­le pole­mi­che la sala stam­pa vati­ca­na ha emes­so un imba­raz­za­to comu­ni­ca­to con le “scu­se” del papa “a colo­ro che si sono sen­ti­ti offe­si”. Scuse che però Francesco non deve aver pre­so trop­po sul serio, visto come pochi gior­ni dopo è di nuo­vo tor­na­to due vol­te sull’argomento, con­trad­di­cen­do­si inve­ce che chia­ri­re.

Anzitutto, in uno scam­bio di let­te­re tra lui e un gio­va­ne aspi­ran­te al sacer­do­zio angu­stia­to per veder­si respin­to dal semi­na­rio, rese pub­bli­che il 2 giu­gno dal quo­ti­dia­no “Il Messaggero”, Francesco gli ha scrit­to a pen­na que­ste paro­le in appa­ren­te con­tra­sto con quan­to da lui det­to ai vesco­vi ita­lia­ni: “Gesù chia­ma tut­ti, tut­ti. Alcuni pen­sa­no alla Chiesa come una doga­na, e que­sto è brut­to. La Chiesa deve esse­re aper­ta a tut­ti. Fratello, vai avan­ti con la tua voca­zio­ne”.

Ma poi anco­ra Francesco è tor­na­to a usa­re il ter­mi­ne “fro­ciag­gi­ne” par­lan­do il 12 giu­gno a una fol­ta schie­ra di sacer­do­ti del­la dio­ce­si di Roma.

Dopo aver di nuo­vo riba­di­to l’esclusione degli omo­ses­sua­li dai semi­na­ri – come dimen­ti­co di quan­to scrit­to poco pri­ma a quel gio­va­ne – il papa ha così pro­se­gui­to:

“Una vol­ta un mon­si­gno­re che lavo­ra in Vaticano mi ha det­to: ‘Santità, voglio dire una cosa, sono pre­oc­cu­pa­to per la cul­tu­ra gay qui den­tro’. Ho det­to: “Sì, c’è un’aria di fro­ciag­gi­ne, è vero, in Vaticano c’è. Ma sen­ta, mon­si­gno­re, oggi per la nostra cul­tu­ra [la fro­ciag­gi­ne] è una ono­ri­fi­cen­za”.

A que­sto pun­to nes­su­no più cre­de che si trat­ti di invo­lon­ta­rie intem­pe­ran­ze ver­ba­li. Non sono pochi, in Vaticano e fuo­ri, quel­li che rife­ri­sco­no il loro imba­raz­zo nell’aver udi­to il papa, in col­lo­qui pri­va­ti avu­ti con lui, usa­re abi­tual­men­te la sprez­zan­te paro­la “fro­ci” per desi­gna­re gli omo­ses­sua­li, incu­ran­te di ave­re lui stes­so pro­tet­to e pro­mos­so alcu­ni sacer­do­ti e vesco­vi che inve­ce– stan­do al suo veto – nep­pu­re avreb­be­ro dovu­to esse­re ammes­si in semi­na­rio.

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Terza que­stio­ne, quel­la del­le don­ne dia­co­no.

Nella stes­sa inter­vi­sta a CBS sopra cita­ta, Francesco ha esclu­so qual­sia­si ordi­na­zio­ne sacra­men­ta­le del­le don­ne al dia­co­na­to. “Se si trat­ta di dia­co­ni con gli ordi­ni sacri, no”, ha detto.“Le don­ne han­no sem­pre avu­to, direi, la fun­zio­ne di dia­co­nes­se sen­za esse­re dia­co­ni, giu­sto? Le don­ne sono di gran­de ser­vi­zio come don­ne, non come mini­stri, come mini­stri in que­sto sen­so, all’in­ter­no degli ordi­ni sacri. Fare spa­zio alle don­ne nel­la Chiesa non signi­fi­ca dare loro un mini­ste­ro”.

Sull’ordinazione del­le don­ne al sacer­do­zio, si sa, papa Francesco ha sem­pre det­to che “la por­ta è chiu­sa”, alli­nean­do­si a ciò che il suo pre­de­ces­so­re Giovanni Paolo II ave­va già sen­ten­zia­to “con una for­mu­la­zio­ne defi­ni­ti­va”.

Ma sull’ordinazione del­le don­ne al dia­co­na­to fino ad oggi Francesco si era espres­so più vol­te in ter­mi­ni pos­si­bi­li­sti. Nel 2016 ave­va isti­tui­to una com­mis­sio­ne di stu­dio che ave­va pro­dot­to con­clu­sio­ni discor­di. E nel 2020 ne ave­va isti­tui­ta un’altra, sem­pre per rico­strui­re la que­stio­ne dal pun­to di vista sto­ri­co e veri­fi­ca­re se nel­la Chiesa pri­mi­ti­va ci fos­se­ro sta­te real­men­te del­le don­ne dia­co­no.

Questa secon­da com­mis­sio­ne non ha anco­ra ulti­ma­to i lavo­ri. Ma intan­to, nel­la ses­sio­ne del sino­do dell’ottobre 2023, i vesco­vi han­no appro­va­to una rela­zio­ne fina­le in cui si auspi­ca­va che “si pro­se­gua la ricer­ca teo­lo­gi­ca e pasto­ra­le sull’accesso del­le don­ne al dia­co­na­to, gio­van­do­si dei risul­ta­ti del­le com­mis­sio­ni appo­si­ta­men­te isti­tui­te dal Santo Padre e del­le ricer­che teo­lo­gi­che, sto­ri­che ed ese­ge­ti­che già effet­tua­te”.

In effet­ti non si con­ta­no gli esper­ti che han­no pub­bli­ca­to sag­gi a soste­gno dell’ordinazione del­le don­ne al dia­co­na­to, se non anche al pre­sbi­te­ra­to e all’episcopato. Per citar­ne solo alcu­ni che l’hanno fat­to in tem­pi recen­tis­si­mi a Roma e in Italia, si pen­si al volu­me del teo­lo­go Andrea Grillo “L’accesso del­le don­ne al mini­ste­ro ordi­na­to”; oppu­re alla pre­sa di posi­zio­ne del deca­no dei teo­lo­gi ita­lia­ni Severino Dianich sull’ultimo nume­ro del­la semiuf­fi­cia­le “Rivista del Clero”; o anco­ra all’audace sag­gio del gran­de bibli­sta gesui­ta Francesco Rossi De Gasperis (1926–2024) pub­bli­ca­to poco dopo la sua mor­te su “Il Regno” del­lo scor­so apri­le, nel qua­le, sul­la base del­la Lettera agli Ebrei, egli vede par­te­ci­pa­re al sacer­do­zio di Cristo risor­to tut­ti i bat­tez­za­ti, uomi­ni e don­ne, sen­za alcun biso­gno di un’ul­te­rio­re ordi­na­zio­ne se non per dei “mini­ste­ri con­tin­gen­ti” qua­li il dia­co­na­to, il pre­sbi­te­ra­to e l’episcopato, da affi­dar­si sen­za pre­via esclu­sio­ne di alcu­no, anche a don­ne e spo­sa­ti.

Inoltre, ad avva­lo­ra­re la sen­sa­zio­ne che Francesco fos­se ben dispo­sto riguar­do alle don­ne dia­co­no c’è sta­to il suo invi­to a Jo Bailey Wells, vesco­vo don­na angli­ca­na, a par­te­ci­pa­re al con­si­glio dei car­di­na­li del 5 feb­bra­io scor­so, pro­prio per rife­ri­re come la Chiesa d’Inghilterra sia arri­va­ta a ordi­na­re le don­ne.

Nella rela­zio­ne fina­le del­la penul­ti­ma ses­sio­ne del sino­do, i padri sino­da­li ave­va­no anche vota­to la richie­sta di sot­to­por­re la que­stio­ne del­le don­ne dia­co­no “alla pros­si­ma ses­sio­ne dell’assemblea”, quel­la in pro­gram­ma nel pros­si­mo otto­bre.

Ma papa Francesco ha già prov­ve­du­to lui a chiu­de­re la discus­sio­ne. La sua “sino­da­li­tà” è anche que­sto: un soli­ta­rio e ino­pi­na­to “no” in un’intervista tele­vi­si­va.

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Sandro Magister è fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
Questo è l’attuale indi­riz­zo del suo blog Settimo Cielo, con gli ulti­mi arti­co­li in lin­gua ita­lia­na: settimocielo.be
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