La “cancel culture” si insinua anche nella Chiesa cattolica. Ma tre teologi la criticano a fondo

Fresco di litur­gie ecu­me­ni­che con­ce­le­bra­te a Roma, a fine gen­na­io, con l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby (nel­la foto), papa Francesco sta con­di­vi­den­do con lui anche la mala­sor­te di una frat­tu­ra gemel­la nel­le rispet­ti­ve Chiese, l’anglicana e la cat­to­li­ca. In entram­bi i casi con l’Africa alla testa dell’opposizione e sem­pre per lo stes­so moti­vo: il rifiu­to di bene­di­re cop­pie del­lo stes­so ses­so.

L’Africa è l’unico dei cin­que con­ti­nen­ti in cui il cat­to­li­ce­si­mo è in espan­sio­ne. È par­te impo­nen­te di quel­la “peri­fe­ria” del­la Chiesa che Francesco tan­to pre­di­li­ge. Ma è pro­prio da lì che è venu­to il mag­gior rifiu­to al via libe­ra dato dal dica­ste­ro per la dot­tri­na del­la fede alla bene­di­zio­ne del­le cop­pie omo­ses­sua­li, con la dichia­ra­zio­ne “Fiducia sup­pli­cans” del 18 dicem­bre e l’annesso comu­ni­ca­to stam­pa del 4 gen­na­io.

Praticamente tut­te le con­fe­ren­ze epi­sco­pa­li dell’Africa nera si sono pro­nun­cia­te con­tro, con in più un car­di­na­le di pri­ma gran­dez­za come il gui­nea­no Robert Sarah, ma anche con il con­sen­so di epi­sco­pa­ti e car­di­na­li e vesco­vi d’Europa e di altri con­ti­nen­ti, dall’Ucraina all’Uruguay, dagli Stati Uniti all’Olanda.

Con un cre­scen­do che pro­prio oggi, 2 feb­bra­io, si è espres­so con la pub­bli­ca­zio­ne di un “Appello filia­le a tut­ti i car­di­na­li e vesco­vi”, sot­to­scrit­to da un gran nume­ro di sacer­do­ti e intel­let­tua­li cat­to­li­ci di tut­to il mon­do, con la dop­pia pro­po­sta di “vie­ta­re imme­dia­ta­men­te nel­le rispet­ti­ve dio­ce­si” la bene­di­zio­ne del­le cop­pie sia extra­co­niu­ga­li che omo­ses­sua­li, e di chie­de­re al papa di “revo­ca­re urgen­te­men­te que­sto infe­li­ce docu­men­to”, pena “una mac­chia che altri­men­ti potreb­be gra­va­re su di lui inde­le­bil­men­te, non solo nel­la sto­ria, ma anche nel­l’e­ter­ni­tà”.

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Intanto, però, stan­no pren­den­do cor­po, accan­to alla rivol­ta “pasto­ra­le”, anche argo­men­ta­te cri­ti­che filo­so­fi­che e teo­lo­gi­che al pas­so com­piu­to da Roma con “Fiducia sup­pli­cans”.

Sotto il pro­fi­lo teo­lo­gi­co, un’analisi mol­to accu­ra­ta è quel­la pub­bli­ca­ta su “La Revue Thomiste” da Thomas Michelet, dome­ni­ca­no, pro­fes­so­re di teo­lo­gia sacra­men­ta­le e di eccle­sio­lo­gia a Roma alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino “Angelicum”.

“Si può bene­di­re ‘Fiducia sup­pli­cans’?” è l’interrogativo che fa da tito­lo al suo sag­gio. Un inter­ro­ga­ti­vo al qua­le Michelet non rispon­de né sì né no, al ter­mi­ne del suo argo­men­ta­re, che è a sua vol­ta mol­to pro­ble­ma­ti­co, anche al solo leg­ge­re i tito­li dei suoi capi­to­li:

1. Un prin­ci­pio di cari­tà inter­pre­ta­ti­va
2. Benedire il pec­ca­to­re sen­za bene­di­re il pec­ca­to?
3. Benedizione non litur­gi­ca?
4. Benedire il pec­ca­to­re impe­ni­ten­te?
5. Situazioni “irre­go­la­ri”
6. Benedire le cop­pie sen­za bene­di­re l’unione?
7. Benedire le cop­pie o gli indi­vi­dui?
8. Pratica del con­fes­sio­na­le e bene comu­ne

Ciò non toglie che Michelet indi­ca con chia­rez­za i gra­vi rischi a cui va incon­tro il pas­so com­piu­to da Roma. Basti leg­ge­re, in pro­po­si­to, un paio di pas­sag­gi del suo sag­gio.

Il pri­mo al ter­mi­ne del capi­to­lo 4:

“Il rischio è gran­de di devia­re la ‘via cari­ta­tis’ per far­ne una ‘via pec­ca­tis’. Non si trat­te­reb­be più di accom­pa­gna­re il pec­ca­to­re pas­so dopo pas­so, per­ché egli arri­vi ad esse­re libe­ra­to dal pec­ca­to nel qua­le si è immer­so. Ma si trat­te­reb­be di accom­pa­gna­re la Chiesa pas­so dopo pas­so, tap­pa dopo tap­pa, per­ché arri­vi a libe­rar­si dal­la nozio­ne di pec­ca­to nel­la qua­le lei stes­sa era immer­sa. Tacere il pec­ca­to, non con una stra­te­gia evan­ge­li­ca per fare pro­gre­di­re il pec­ca­to­re ver­so la veri­tà, ma con una stra­te­gia mon­da­na per far pro­gre­di­re la Chiesa ver­so l’errore e la men­zo­gna. Papa Francesco ha suf­fi­cien­te­men­te denun­cia­to tale pro­ces­so per­ché lo si pos­sa sospet­ta­re d’essersene fat­to com­pli­ce. Ma sareb­be sta­to bel­lo poter dire altret­tan­to di ‘Fiducia sup­pli­cans’”.

Il secon­do al ter­mi­ne del capi­to­lo 7:

“Oggi la coscien­za di que­sti fede­li ‘in cop­pia’ è defor­ma­ta al pun­to che non vedo­no più la loro situa­zio­ne amo­ro­sa come pec­ca­mi­no­sa. Si potrà pre­ga­re affin­ché il Signore con­ver­ta in loro tut­to ciò che con­trad­di­ce il suo Vangelo, ma essi pen­se­ran­no a tutt’altro che a quel pec­ca­to. Detto altri­men­ti, que­sta bene­di­zio­ne reste­rà sen­za effet­to. A meno che l’effetto volu­to sia pro­prio que­sto: oscu­ra­re le coscien­ze bene­di­cen­do tran­quil­la­men­te il pec­ca­to­re e il suo pec­ca­to, il bene e il male, ciò che a Dio non pia­ce. Ministri com­pia­cen­ti si pre­ste­ran­no facil­men­te al gio­co, in nome di una con­ce­zio­ne erro­nea dell’amore che copre tut­to, a meno che non con­di­vi­da­no essi stes­si l’ideologia sot­to­stan­te: ‘Ciechi che voglio­no far da gui­da ad altri cie­chi… e tut­ti andran­no a cade­re in una fos­sa’ (Mt 15.14). Sotto la coper­tu­ra di un’ortodossia data per intat­ta, una pasto­ra­le devian­te si instal­le­reb­be a poco a poco, sen­za far rumo­re, pre­pa­ran­do il suc­ces­si­vo col­po che con­si­ste­reb­be nel cam­bia­re la dot­tri­na e nel riscri­ve­re il Catechismo in que­sto sen­so. Il sem­pli­ce gesto appa­ren­te­men­te beni­gno d’una bene­di­zio­ne infor­ma­le si rive­la un for­mi­da­bi­le stru­men­to per il diso­rien­ta­men­to degli spi­ri­ti. Ma se que­sto non fos­se il caso, sareb­be bene mani­fe­star­lo diver­sa­men­te che tra­mi­te dei comu­ni­ca­ti impre­ci­si che non fan­no che accre­sce­re il dub­bio”.

“Liberare la Chiesa dal­la nozio­ne di pec­ca­to nel­la qua­le era immer­sa” e “riscri­ve­re il Catechismo in que­sto sen­so”: c’è mol­to di “can­cel cul­tu­re” nel per­cor­so aper­to da “Fiducia sup­pli­cans” e cri­ti­ca­to da Michelet.

Il suo sag­gio può esse­re let­to inte­gral­men­te su “La Revue Thomiste”.

E sem­pre su que­sta auto­re­vo­le rivi­sta teo­lo­gi­ca, con un taglio ancor più cri­ti­co, inter­vie­ne anche Emmanuel Perrier, pro­fes­so­re di teo­lo­gia dog­ma­ti­ca allo “Studium” dome­ni­ca­no di Tolosa e all’Institut Saint-Thomas‑d’Aquin, in un sag­gio dal tito­lo: “‘Fiducia sup­pli­cans’ di fron­te al sen­so del­la fede”.

Già le pri­me righe del suo inter­ven­to sono elo­quen­ti:

“Figli del­la Chiesa fon­da­ta sugli apo­sto­li, non pos­sia­mo che esse­re allar­ma­ti dal­lo scon­vol­gi­men­to susci­ta­to nel popo­lo cri­stia­no da un testo pro­ve­nien­te dal­la cer­chia del Santo Padre. È insop­por­ta­bi­le vede­re i fede­li di Cristo per­de­re fidu­cia nel­la paro­la del pasto­re uni­ver­sa­le, vede­re i sacer­do­ti divi­si tra il loro attac­ca­men­to filia­le e le con­se­guen­ze pra­ti­che che que­sto testo li costrin­ge­rà ad affron­ta­re, vede­re i vesco­vi divi­si. Questo feno­me­no di vasta por­ta­ta a cui stia­mo assi­sten­do è indi­ca­ti­vo di una rea­zio­ne pro­pria del ‘sen­sus fidei’”.

Ma ine­qui­vo­ca­bi­li sono anche i tito­li dei capi­to­li del suo sag­gio:

1. Non c’è bene­di­zio­ne che non sia ordi­na­ta alla sal­vez­za
2. La Chiesa non può bene­di­re altri­men­ti che in una litur­gia
3. Ogni bene­di­zio­ne ha un ogget­to mora­le
4. Dio non bene­di­ce il male, con­tra­ria­men­te all’uomo
5. Nel magi­ste­ro l’innovazione impli­ca la respon­sa­bi­li­tà
6. La pasto­ra­le nell’ora del­la dere­spon­sa­bi­liz­za­zio­ne gerar­chi­ca

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E anco­ra. Un’altra seve­ra cri­ti­ca a “Fiducia sup­pli­cans”, tra il filo­so­fi­co e il teo­lo­gi­co, è quel­la che vede nel pas­so com­piu­to da Roma una “deco­stru­zio­ne dell’ordine natu­ra­le uma­no fino­ra assun­to dal­la dot­tri­na cat­to­li­ca e giu­di­ca­to oggi discri­mi­na­to­rio dal­lo spi­ri­to del mon­do”. Cioè anche qui una for­ma di “can­cel cul­tu­re” posta in atto dal­la Chiesa stes­sa.

È quan­to ha scrit­to il 12 gen­na­io su Settimo Cielo il filo­so­fo Thibaud Collin, con il suc­ces­si­vo, con­cor­de com­men­to di Stefano Fontana, spe­cia­li­sta del­la dot­tri­na socia­le del­la Chiesa, su “La Nuova Bussola Quotidiana”.

Ma una cri­ti­ca più diret­ta, di taglio teo­lo­gi­co, di que­sta “can­cel cul­tu­re” che si è insi­nua­ta anche den­tro la Chiesa, è quel­la com­piu­ta da Pierre Gisel, docen­te di teo­lo­gia siste­ma­ti­ca all’Università di Losanna, nel suo con­tri­bu­to dal tito­lo “Le chri­stia­ni­sme aux pri­ses avec la ‘can­cel cul­tu­re’”, nel volu­me a più voci “Christianisme, ‘woki­sme’ et ‘can­cel cul­tu­re’”, di immi­nen­te pub­bli­ca­zio­ne in Francia per i tipi di L’Harmattan, con una nota intro­dut­ti­va di Noam Chomsky.

Il sag­gio di Gisel è sta­to inte­gral­men­te anti­ci­pa­to in Italia dal­la rivi­sta “Il Regno”. Ed esor­di­sce affer­man­do che “il rap­por­to con il pas­sa­to è cen­tra­le per il cri­stia­ne­si­mo”, ma lo è anche la novi­tà che por­ta: “Ecco, io fac­cio nuo­ve tut­te le cose” (Ap 21,5). Una novi­tà che da mol­ti vie­ne peri­co­lo­sa­men­te assun­ta come “un impul­so a rom­pe­re con ciò che la pre­ce­de”.

È que­sto malin­te­so impul­so a “dare cor­da a una ‘can­cel cul­tu­re’”. Cioè “alla squa­li­fi­ca di ciò che costi­tui­sce spe­ci­fi­ca­men­te una tra­di­zio­ne, di ciò che essa con­den­sa e di ciò che apre o ren­de pos­si­bi­le, insom­ma a una squa­li­fi­ca di tut­ta la sto­ria rea­le, pro­pria­men­te uma­na”.

La Bibbia, scri­ve Gisel, è una del­le pri­me vit­ti­me del­la “can­cel cul­tu­re”. Si vor­reb­be che fos­se riscrit­ta da capo a fon­do, can­cel­lan­do o aggiun­gen­do di tut­to, per arri­va­re a un testo “poli­ti­ca­men­te cor­ret­to” di cui “non dovrem­mo più sop­por­ta­re il peso”, di fat­to insi­gni­fi­can­te.

Ma sen­za arri­va­re a que­ste “fol­lie”, nota Gisel, si regi­stra­no int cam­po bibli­co del­le ten­den­ze sui cui rischi “non c’è suf­fi­cien­te con­sa­pe­vo­lez­za”. Ad esem­pio la sosti­tu­zio­ne di “Antico Testamento” con “Primo Testamento” o con “Bibbia ebrai­ca”, accan­to­nan­do “le tra­di­zio­ni e i loro cano­ni come irri­le­van­ti o addi­rit­tu­ra fuor­vian­ti”.

Anche le moder­ne let­tu­re storico-critiche del­la Bibbia com­por­ta­no que­sto rischio di sle­gar­la dal suo insie­me cano­ni­co, andan­do alla ricer­ca e alla scom­po­si­zio­ne del­le diver­se stra­ti­fi­ca­zio­ni del testo.

Ma oltre che con­tro la Bibbia, la “can­cel cul­tu­re” si avven­ta con­tro la sto­ria cri­stia­na, effet­ti­va­men­te costel­la­ta anche di ana­te­mi, roghi, mas­sa­cri, guer­re reli­gio­se, colo­nia­li­smi, sot­to­mis­sio­ne del­la don­na.

Gisel cita due pre­ce­den­ti sto­ri­ci, uno pro­te­stan­te e uno cat­to­li­co, per met­te­re in luce come rap­por­tar­si cor­ret­ta­men­te ad essi.

Il pri­mo è la ter­ri­fi­can­te invet­ti­va con­tro gli ebrei scrit­ta da Martin Lutero nel 1543: “De Judaeis et eorum men­da­ciis”. La “can­cel cul­tu­re” opta per la rimo­zio­ne tota­le di que­sto testo, anzi, “di tut­to ciò che Lutero ha scrit­to e ha fat­to”.

Il secon­do è il “Sillabo” di papa Pio IX, “elen­co dei prin­ci­pa­li erro­ri dell’età nostra”, con la sua con­dan­na del libe­ra­li­smo e del­la cul­tu­ra moder­na.

Nel rap­por­tar­si a que­sti sco­mo­di pre­ce­den­ti sto­ri­ci, Gisel opta per “una ter­za via” tra glo­ri­fi­ca­zio­ne e ripu­dio.

Ed è la via che egli appli­ca, più in gene­ra­le, anche alla vio­len­za che segna l’intera sto­ria uma­na, che la “can­cel cul­tu­re” pre­ten­de di ban­di­re in bloc­co con la sua “let­tu­ra ostra­ciz­zan­te del pas­sa­to”, quan­do in real­tà non fa che eser­ci­ta­re essa stes­sa “una nuo­va vio­len­za alla base dell’enfasi su un uni­ver­sa­le egua­li­ta­rio e neu­tra­liz­zan­te”.

Infatti “non c’è un pre­sen­te inno­cen­te per­ché imma­co­la­to, ma c’è sem­pre un pas­sa­to deter­mi­na­to con cui solo si può sta­bi­li­re un rap­por­to strut­tu­ran­te (in con­cre­to, que­sto pas­sa­to ci arri­va attra­ver­so le tra­di­zio­ni e i cano­ni). E que­sto pas­sa­to si dà in uno sce­na­rio di dif­fe­ren­ze, ed è istrut­ti­vo per­ché ci mostra che ci sono diver­si modi di esse­re uma­ni, cia­scu­no con i suoi pun­ti di for­za e i suoi rischi. La cul­tu­ra ere­di­ta­ta non va can­cel­la­ta, ma va pro­fi­la­ta in un oriz­zon­te più ampio di quel­lo che spes­so si dà”.

La “can­cel cul­tu­re” impo­ne l’abbattimento dei monu­men­ti a per­so­nag­gi rite­nu­ti respon­sa­bi­li degli orro­ri del pas­sa­to. In con­clu­sio­ne del suo sag­gio, Gisel pro­po­ne piut­to­sto di innal­za­re monu­men­ti a “testi­mo­ni di un’altra par­te del­la sto­ria, in modo che si apra uno spa­zio di dibat­ti­to su uno sfon­do di dif­fe­ren­ze su cui riflet­te­re”.

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Sandro Magister è fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
Questo è l’attuale indi­riz­zo del suo blog Settimo Cielo, con gli ulti­mi arti­co­li in lin­gua ita­lia­na: settimocielo.be
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