Da perseguitata a complice. La metamorfosi della Chiesa ortodossa russa

Tempi bui per il dia­lo­go tra Roma e il patriar­ca­to di Mosca. Già l’incon­tro tra Francesco e Kirill all’aeroporto dell’Avana, il 12 feb­bra­io del 2016, era pesan­te­men­te oscu­ra­to dal­le aggres­sio­ni arma­te di Vladimir Putin alla Georgia e all’Ucraina, a cui ave­va già sot­trat­to la Crimea e con­te­so il Donbass. Ma dopo di allo­ra gli even­ti sono pre­ci­pi­ta­ti oltre ogni limi­te, in una guer­ra fero­ce del­la Russia con­tro l’Ucraina e l’Occidente, esal­ta­ta come “san­ta” pro­prio da quel patriar­ca che il papa è arri­va­to a defi­ni­re con paro­le sprez­zan­ti “il chie­ri­chet­to di Putin”.

Eppure que­sto miste­ro d’iniquità non resta incom­pren­si­bi­le, se solo si rileg­ge l’ultimo seco­lo del­la sto­ria rus­sa. È quan­to ha fat­to con rara mae­stria e impo­nen­te docu­men­ta­zio­ne Giovanni Codevilla, tra i mag­gio­ri stu­dio­si del­la mate­ria, in un libro fre­sco di stam­pa inti­to­la­to “Da Lenin a Putin. Politica e reli­gio­ne”, edi­to da Jaca Book.

“Dalla per­se­cu­zio­ne alla con­ni­ven­za”, reci­ta il sot­to­ti­to­lo del libro, con allu­sio­ne alla rin­no­va­ta sin­fo­nia tra il tro­no e l’altare, tra Putin e Kirill, che carat­te­riz­za l’attuale momen­to del­la sto­ria rus­sa, dopo decen­ni di per­se­cu­zio­ne atro­ce e una fle­bi­le paren­te­si di ritro­va­ta liber­tà reli­gio­sa segui­ta alla dis­so­lu­zio­ne dell’Unione sovie­ti­ca, pre­sto sof­fo­ca­ta.

Della per­se­cu­zio­ne si sa, ma non tut­ti cono­sco­no quel­le sue varian­ti che Codevilla met­te in evi­den­za. Già tre­men­da con Lenin, e con Stalin arri­va­ta all’apice, negli anni del­la secon­da guer­ra mon­dia­le ha un’improvvisa, par­zia­le inter­ru­zio­ne, volu­ta dal­lo stes­so Stalin per raf­for­za­re anche con l’apporto del­la Chiesa la resi­sten­za patriot­ti­ca all’invasione del­le arma­te di Hitler.

All’ortodossia è resti­tui­to uno spa­zio di movi­men­to, i suoi uomi­ni sono libe­ra­ti dal­le pri­gio­ni, alcu­ne chie­se sono ria­per­te. E a guer­ra ter­mi­na­ta le si affi­da il com­pi­to di pro­pa­gan­da­re la poli­ti­ca del Cremlino in cam­po inter­na­zio­na­le, in par­ti­co­la­re nel­la Conferenza cri­stia­na del­la pace e nel Consiglio ecu­me­ni­co del­le Chiese, che a Ginevra riu­ni­sce le rap­pre­sen­tan­ze di varie con­fes­sio­ni cri­stia­ne, com­pre­sa la cat­to­li­ca.

Non solo. “Nel rin­no­va­to cli­ma sin­fo­ni­co che si vie­ne a instau­ra­re tra ‘impe­rium’ e ‘sacer­do­tium’ – scri­ve Codevilla – il gover­no sovie­ti­co e il patriar­ca­to si pro­pon­go­no di fare di Mosca il cen­tro dell’Ortodossia uni­ver­sa­le, dan­do vita a un ‘Vaticano orto­dos­so’, per usa­re l’espressione dell’allora patriar­ca Aleksij, allo sco­po di crea­re un con­tral­ta­re al cat­to­li­ce­si­mo e ridi­men­sio­na­re con ogni mez­zo il ruo­lo mon­dia­le del­la Santa Sede”.

A que­sto sogno non segui­ran­no i fat­ti. Intanto, però, il patriar­ca­to e il Cremlino pro­ce­do­no con­cor­di nel 1946 all’annientamento del­la Chiesa greco-cattolica dell’Ucraina, i cui vesco­vi mori­ran­no tut­ti in car­ce­re, con l’eccezione del metro­po­li­ta di Kyiv Josyf Slipyj, soprav­vis­su­to a 17 anni di pri­gio­nia e man­da­to in esi­lio nel 1963 dal suc­ces­so­re di Stalin, Nikita Kruscev, esau­den­do le pres­san­ti richie­ste di papa Giovanni XXIII.

La tre­gua decre­ta­ta da Stalin lascia comun­que il pas­so, a par­ti­re dal 1947, a una ripre­sa del­la per­se­cu­zio­ne reli­gio­sa, nel­la qua­le si distin­gue per spie­ta­tez­za Kruscev, all’epoca segre­ta­rio del par­ti­to comu­ni­sta in Ucraina. Salito al ver­ti­ce del pote­re nel 1953 dopo la mor­te di Stalin, Kruscev darà il via a una ancor più bru­ta­le onda­ta di intol­le­ran­za. “Il perio­do più dram­ma­ti­co per la Chiesa – scri­ve Codevilla – va dal 1958 al 1964: ven­go­no allo­ra chiu­si 5.540 edi­fi­ci di cul­to, liqui­da­ti cin­que semi­na­ri su otto e il nume­ro dei mona­ste­ri si ridu­ce da 56 a 16”, con una paral­le­la deci­ma­zio­ne del cle­ro “in misu­ra anche mag­gio­re di quan­to non avven­ga con chie­se e mona­ste­ri”. E tut­to que­sto pro­prio men­tre in Occidente e nel­la Chiesa di Roma fio­ri­sce la leg­gen­da di una inci­pien­te rap­pa­ci­fi­ca­zio­ne, con suo segna­le emble­ma­ti­co, il 7 mar­zo 1963, l’udienza di papa Giovanni alla figlia di Kruscev, Rada, e a suo mari­to Alexej Adjubei,

Le uni­che voci cri­ti­che dell’asservimento del­la Chiesa al regi­me si leva­no dal­la stam­pa clan­de­sti­na e da eroi­ci obiet­to­ri come i sacer­do­ti Gleb Jakunin e Aleksandr Men’, quest’ultimo poi fini­to vit­ti­ma di un aggua­to. Bisogna arri­va­re alla fine degli anni Ottanta e alla nomi­na di Mikhail Gorbacev a capo del­lo Stato, nel 1988, per assi­ste­re alla libe­ra­zio­ne di miglia­ia di dete­nu­ti per moti­vi poli­ti­ci o reli­gio­si e alla ria­per­tu­ra di chie­se e mona­ste­ri.

Si sgre­to­la l’impero sovie­ti­co, in Ucraina la Chiesa greco-cattolica esce dal­le cata­com­be e in Russia si assi­ste a una libe­ra­liz­za­zio­ne del­la vita reli­gio­sa che non ha pre­ce­den­ti, e che tro­va la sua affer­ma­zio­ne di prin­ci­pio nel­la nuo­va costi­tu­zio­ne in vigo­re dal 1993. Eppure, le resi­sten­ze a que­sta aper­tu­ra sono for­tis­si­me pro­prio tra le file del­la Chiesa orto­dos­sa, mos­se anche dal timo­re di un’espansione con­cor­ren­zia­le di con­fes­sio­ni estra­nee all’ortodossia e al cri­stia­ne­si­mo.

La pro­va del fuo­co è in una leg­ge del 1997 “sul­la liber­tà di coscien­za e le asso­cia­zio­ni reli­gio­se”, che intro­du­ce una tale serie di restri­zio­ni alla liber­tà del­le con­fes­sio­ni diver­se dal­la orto­dos­sa da indur­re papa Giovanni Paolo II a scri­ve­re e a ren­de­re pub­bli­ca il 27 giu­gno una sua let­te­ra al pre­si­den­te rus­so Boris Eltsin con la richie­sta espli­ci­ta di non pro­mul­ga­re la leg­ge.

Anche in Russia la pro­te­sta del­le voci libe­re è tale che Eltsin rifiu­ta di sot­to­scri­ve­re la leg­ge e ne bloc­ca l’entrata in vigo­re. Sollevando però la rea­zio­ne vee­men­te del patriar­ca­to di Mosca, “affian­ca­to dai soste­ni­to­ri più tra­di­zio­na­li­sti e xeno­fo­bi dell’ortodossia e dall’ala poli­ti­ca comu­ni­sta e nazio­na­li­sta del par­la­men­to”.

A soste­gno del­la leg­ge si schie­ra, in par­ti­co­la­re, un influen­te metro­po­li­ta di nome Kirill, all’epoca respon­sa­bi­le del dipar­ti­men­to este­ri del patriar­ca­to. Il qua­le ottie­ne che la leg­ge vada in por­to con solo alcu­ne modi­fi­che non di sostan­za, gra­zie alle qua­li l’ortodossia tor­na ad esse­re l’unica reli­gio­ne di Stato, con i suoi pri­vi­le­gi esclu­si­vi a dan­no del­le altre fedi.

Il metro­po­li­ta Kirill è colui che diven­te­rà nel 2009 patriar­ca di Mosca. E con lui è in ver­ti­gi­no­sa asce­sa, in que­gli stes­si anni, un uomo poli­ti­co cre­sciu­to nel­la stes­sa scuo­la, quel­la dei ser­vi­zi segre­ti, Vladimir Putin. Che suc­ce­de­rà a Eltsin come capo del­lo Stato nel 1999.

Ed è da qui che il per­cor­so dei due pro­ce­de­rà assie­me, con il pecu­lia­re appor­to dell’uno all’altro.

Perché Putin in quei pri­mi anni è mol­to diver­so da quel­lo che sarà in segui­to, con una muta­zio­ne che avver­rà anche gra­zie all’apporto del­la Chiesa. L’archimandrita ucrai­no Kirill Hovorum, già stret­to col­la­bo­ra­to­re del patriar­ca Kirill, oggi docen­te pres­so la Loyola Marymount University di Los Angeles, descri­ve così la sua meta­mor­fo­si:

“Putin nel pri­mo perio­do, duran­te i suoi due pri­mi man­da­ti, non ave­va un’ideologia sua, non era un visio­na­rio, anzi ave­va un oriz­zon­te piut­to­sto ristret­to, gli inte­res­sa­va arric­chir­si e ven­de­re bene gas e petro­lio. Ai suoi occhi la Russia non era altro che un gros­so distri­bu­to­re di gas. È sta­ta la Chiesa che ha offer­to a Putin una visio­ne nuo­va, una nuo­va lin­gua per il pro­get­to impe­ria­le. Perciò, anche se può sem­bra­re un giu­di­zio mol­to for­te, pen­so che sen­za la Chiesa il pro­get­to impe­ria­le di Putin non sareb­be sta­to pos­si­bi­le. La Chiesa gli ha for­ni­to una con­ce­zio­ne, gli ha offer­to il lin­guag­gio, gli ha ispi­ra­to que­sta mega­lo­ma­nia”.

Anche la con­ver­sio­ne di Putin alla fede orto­dos­sa è par­te di que­sta sua evo­lu­zio­ne. A ispi­rar­la è un gio­va­ne mona­co di nome Tichon, mol­to vici­no a Kirill che di recen­te l’ha pro­mos­so a metro­po­li­ta di Crimea. Scrive Stefano Caprio nell’introduzione al volu­me di Codevilla: “L’oscuro agen­te Putin emer­se quin­di come l’uomo for­te che dove­va met­te­re fine ai con­flit­ti dei ‘tor­bi­di eltsi­nia­ni’, come espres­sio­ne dei ‘silo­vi­ki’, gli uomi­ni d’ordine, e allo stes­so tem­po dei nuo­vi ‘pra­vo­sla­v­nye’, gli orto­dos­si che cre­de­va­no nel­la con­ti­nui­tà tra il regi­me sovie­ti­co e il nuo­vo sovra­ni­smo rus­so”.

Il con­nu­bio tra Putin e Kirill ha anche i suoi san­ti in cie­lo. Il più popo­la­re è Ioann di Kronstadt, mor­to nel 1908 e cano­niz­za­to nel 1990, acce­so soste­ni­to­re del­lo zari­smo orto­dos­so. Fu tra i fon­da­to­ri di quel­la “Unione del Popolo Russo” che ha ispi­ra­to a Kirill di dar vita nel 1993 all’ancor più ambi­zio­so “Concilio Popolare Russo Universale” da lui tut­to­ra pre­sie­du­to, la cui ulti­ma ses­sio­ne, lo scor­so inver­no, ha segna­to l’apoteosi sacra­le del­lo stes­so Putin e la san­ti­fi­ca­zio­ne del­la guer­ra d’aggressione all’Ucraina.

Come disce­po­lo, Putin ha per­si­no anti­ci­pa­to i pas­si del suo mae­stro spi­ri­tua­le Kirill. Che effet­ti­va­men­te, al momen­to del­la sot­tra­zio­ne del­la Crimea all’Ucraina nel 2014, non si pre­sen­tò pole­mi­ca­men­te alla cele­bra­zio­ne indet­ta da Putin al Cremlino, sal­vo poi met­ter­si in riga negli anni suc­ces­si­vi e anzi spin­ger­si fino all’eccesso, per­fet­ta­men­te for­mu­la­to in que­sto pas­sag­gio del­la dichia­ra­zio­ne sul “Russkij Mir”, il Mondo rus­so, redat­ta lo scor­so novem­bre dal “Concilio Popolare Russo Universale” e pub­bli­ca­ta il 27 mar­zo di quest’anno, a giu­sti­fi­ca­zio­ne dell’invasione dell’Ucraina:

“La Russia è il crea­to­re, il soste­gno e il difen­so­re del Mondo rus­so. I con­fi­ni del Mondo rus­so come feno­me­no spi­ri­tua­le e culturale-civile sono signi­fi­ca­ti­va­men­te più ampi dei con­fi­ni sta­ta­li sia dell’attuale Federazione Russa sia del­la gran­de Russia sto­ri­ca. Oltre ai rap­pre­sen­tan­ti dell’’oikoumene’ rus­sa spar­si in tut­to il mon­do, il Mondo rus­so com­pren­de tut­ti colo­ro per i qua­li la tra­di­zio­ne rus­sa, i san­tua­ri del­la civil­tà rus­sa e la gran­de cul­tu­ra rus­sa rap­pre­sen­ta­no il più alto valo­re e signi­fi­ca­to del­la vita.

“Il signi­fi­ca­to supre­mo dell’esistenza del­la Russia e del Mondo rus­so da essa crea­to – la loro mis­sio­ne spi­ri­tua­le – è quel­lo di esse­re il ‘Katéchon’ mon­dia­le, di pro­teg­ge­re il mon­do dal male. La mis­sio­ne sto­ri­ca con­si­ste nel far crol­la­re di vol­ta in vol­ta i ten­ta­ti­vi di sta­bi­li­re un’egemonia uni­ver­sa­le nel mon­do, i ten­ta­ti­vi di subor­di­na­re l’umanità a un uni­co prin­ci­pio mal­va­gio”.

In ter­mi­ni stret­ta­men­te poli­ti­ci – scri­ve Codevilla – l’ambizione di Putin è di “rico­sti­tui­re l’impero russo-sovietico al fine di vin­ce­re l’umiliazione del­la sua dis­so­lu­zio­ne trent’anni or sono, da lui ripe­tu­ta­men­te con­si­de­ra­ta come la più gran­de tra­ge­dia del XX seco­lo”.

Ma è l’ideologia che la rive­ste a ren­de­re sacra­le, incon­te­sta­bi­le, que­sta ambi­zio­ne. Un’ideologia che ha pro­prio nel­la Chiesa rus­sa la sua prin­ci­pa­le fon­te d’alimentazione. Grazie ad essa Putin, “al qua­le alcu­ni vor­reb­be­ro con­fe­ri­re il tito­lo di ‘Guida Suprema’, assu­me il ruo­lo di som­mo difen­so­re e custo­de dei dog­mi del­la fede e di tuto­re dell’ortodossia, ripro­po­nen­do il model­lo zari­sta”.

Senza spa­zio per le voci cri­ti­che. Nelle file del­la Chiesa orto­dos­sa, tut­ti gli eccle­sia­sti­ci che dis­sen­to­no sono sospe­si “a divi­nis” ed espul­si, sen­za alcu­na ecce­zio­ne. Per non dire del­le nor­me pena­li dra­co­nia­ne e del­la per­se­cu­zio­ne fisi­ca, fino all’eliminazione, che col­pi­sce gli oppo­si­to­ri del regi­me, in un cli­ma che fa di nuo­vo bale­na­re il sini­stro ricor­do del ter­ro­re sovie­ti­co.

In que­sto furo­re visio­na­rio, poco impor­ta al patriar­ca Kirill che il con­fron­to tra le ambi­zio­ni e la real­tà sia impie­to­so. Perché a dispet­to del­le sue pre­te­se uni­ver­sa­li­sti­che, il cre­scen­te iso­la­men­to dell’ortodossia rus­sa da quel­la di Kyiv e Costantinopoli rischia di ridur­la a una mera Chiesa nazio­na­le mar­gi­na­liz­za­ta. E anche in patria la fre­quen­za alle sacre litur­gie non va al di là del 2 per cen­to del­la popo­la­zio­ne, con in più la com­par­sa di una nuo­va e stra­na cate­go­ria, quel­la di colo­ro che si defi­ni­sco­no atei orto­dos­si, come il pre­si­den­te bie­lo­rus­so Aleksandr Lukascenko.

Intanto, come suo nuo­vo mini­stro del­la dife­sa in que­sto tem­po di guer­ra, Putin ha pro­mos­so Andrej Belousov, che è noto come eco­no­mi­sta ed esper­to d’industria bel­li­ca, ma è anche devo­to ceri­mo­nie­re del­le litur­gie del­la Chiesa orto­dos­sa.

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Sandro Magister è fir­ma sto­ri­ca del set­ti­ma­na­le L’Espresso.
Questo è l’attuale indi­riz­zo del suo blog Settimo Cielo, con gli ulti­mi arti­co­li in lin­gua ita­lia­na: settimocielo.be
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